Un ringraziamento per questa pagina va ad
Antonella D. che mi ha fornito parte delle immagini e la biografia .
Qui potrete trovare i suoi lavori in pps
Cenni biografici
Norman Rockwell nasce il 3 febbraio 1894 a New York,
figlio di Jarvis Waring Rockwell, direttore della filiale newyorkese di una
ditta tessile, la George Woods and Sons, e di Nancy Hill, figlia di un
pittore inglese emigrato negli USA all’inizio della seconda metà dell’800.
Rocwkell ha cominciato a disegnare giovanissimo, ha
avuto subito grande successo, ha disegnato le copertine di riviste che si
sono vendute in tutto il mondo, ha reso il suo tratto riconoscibile a prima
vista da milioni di lettori coprendo un arco d’anni che va dal 1916 al 1976.
Ha percorso i tre quarti del nostro secolo sempre restando profondamente
fedele a se stesso, ma con uno sguardo sulla realtà che non ha mai perso
nulla della freschezza e dell'incanto iniziali. Ha raccontato l’America, i
suoi uomini politici, gli avvenimenti che hanno cambiato la storia del mondo,
come la conquista dello spazio, i disordini razziali e la lenta integrazione,
le guerre. Ma ha anche fatto sì che nelle sue tavole si potesse riconoscere
chiunque di noi, nelle piccole e grandi tragedie e nelle comiche della vita
quotidiana.
Perché, a parte le tavole realizzate per le campagne
governative, o quelle commerciali, il soggetto preferito da Rockwell siamo
noi. Noi ragazzini impertinenti e con poca voglia di studiare; noi giovani
genitori di fronte ai piccoli drammi della vita familiare; noi anziani, noi
impiegati, noi sognatori, fumatori, giocatori, perdenti, vincenti, noi che
prendiamo la metropolitana, andiamo a sciare, torniamo da una gita,
festeggiamo il Natale, celebriamo un compleanno, prendiamo a pugni un
compagno di scuola, invitiamo a ballare una signorina, sogniamo un marito, ci
ammaliamo d’influenza: siamo noi allo specchio, in ogni giorno, in tutte le
situazioni della vita di sempre, una trascrizione assolutamente fedele ma
che fa diventare delicata e poetica, ironica e intensa la banalità
quotidiana.
Di questo ci parlano
le meravigliose copertine del Saturday Evening Post, che Rockwell disegnò
dal 1916 al 1963. Allorché morì, nel 1978, si chiese a personaggi famosi di
citare una delle copertine preferite. Tutti gli interpellati, da John Wayne
a Ronald Reagan, da Doris Day ad Andy Warhol, non esitarono a snocciolarne
una lunga lista. Dimostrando che le illustrazioni di Rockwell erano
diventate parte della loro vita, ricordi preziosi quanto le stesse proprie
memorie. A far da sfondo possono essere sonnacchiosi paesi di campagna,
cittadine pretenziose, sobborghi urbani, casette da “Topolinia” con giardino e tendine alla finestra. Più spesso però non c’è
sfondo, c’è un’accuratissima descrizione della scena per quel che può
importare a chi la guarda, c’è tutto ciò che occorre per “essere dentro” la
scena.
Naturalmente c’è anche l’automobile, compagna della
nostra vita quotidiana insieme a mille altri oggetti. Se si eccettuano le
pubblicità che realizzò all’inizio degli anni venti per la casa americana
Overland, l’automobile non è mai vista come oggetto da ammirare di per sé,
ma è descritta dall’interno, per quello che fa succedere, per ciò che si può
fare con lei, o che capita con lei. Così, in queste pagine sono riprodotte
alcune delle tavole in cui compare anche un’automobile. In una, del 1946,
due ragazze biancovestite cercano di cambiare una gomma ad una vettura di
cui vediamo solo la parte posteriore, sotto l’occhio irridente di un ozioso
sdraiato a poca distanza, cui certo non sta venendo in mente di prestare
aiuto. Nella coppia in decappottabile (1935),
al marito si legge in faccia la preoccupazione di buscarsi un mal di gola o
di perdere il cappello. Ed ecco la famigliola in gita (1947): appena
partita, e al ritorno. Tutto parla della gioia dell’aspettativa nella prima
striscia (il sigaro del padre, il chiasso dei ragazzini, le orecchie del
cane), e della fatica della giornata nella seconda striscia (il padre è
affranto, la moglie si è addormentata, i bambini non si agitano più, persino
il cane sembra sfinito. Solo la nonna non ha subito alterazioni).
Che cosa può significare oggi un disegno di Rockwell?
Apparentemente, niente. In realtà, tutto. Uno dei più grandi registi del
nostro tempo, Steven Spielberg, autore di capolavori come E.T. o Schindler’s
List, ama appassionatamente Rockwell. L’osservazione delle sue illustrazioni
si è tradotta nei suoi film in quella rassicurante normalità americana che
rende l’incursione dell’alieno, o del male, ancora più terrorizzante.
Rockwell è senza tempo, Rockwell è la poesia e la
dolcezza del vivere, nonostante le mille piccole avversità quotidiane, la
difficoltà di crescere, di vivere, di invecchiare, di morire. Riesce a farci
amare la vita come probabilmente la amava egli stesso, riesce a farci vivere
le sue stesse emozioni, a farci cogliere la luce d’ogni cosa.
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